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Augusto Bertoni

Un mazziniano morto a Roma nel 1853

AUGUSTO BERTONI 

Nasce a Faenza l’8 agosto 1818 da una delle famiglie più giacobine della città. Quando nel 1842 a Faenza viene pubblicato il periodico «L’Imparziale», che uscirà per alcuni anni, egli è fra i principali collaboratori. Pur costretto al lavoro impiegatizio, si dedica quale attività per lui principale alla poesia ed alla composizione di drammi storici come “Isabella Orsini duchessa di Bracciano”. 
Ma se il comporre è la sua passione non ignora però il sangue giacobino della famiglia e, se nel 1845 è tra i cospiratori delle Balze, nel 1848 è tra i volontari faentini che a Vicenza combattono contro preponderanti forze austriache ed in tale occasione rimane anche ferito. Quando l’11 febbraio 1849 giunge in teatro a Faenza la notizia della proclamazione della Repubblica Romana è lui ad improvvisare e declamare da un palco di proscenio alcuni versi inneggianti all’indipendenza dell’Italia. 
Combatte poi in difesa della Repubblica Romana e, caduta questa, ritorna al suo modesto impiego di protocollista comunale, impiego che però perde ben presto perché accusato di cospirazione. Egli infatti è tra i fondatori della sezione faentina, la prima di Romagna, del mazziniano Partito Nazionale Italiano. 
Ricercato dalla polizia emigra dapprima a Genova, nel 1851, e successivamente in Svizzera e negli Stati Uniti vivendo stentatamente. Rientrato a Genova è per qualche tempo segretario della madre di Giuseppe Mazzini sino a quando, dopo il tentato moto mazziniano di quella città compiuto nel febbraio del 1853, viene espulso dagli Stati sardi per avere difeso Mazzini e criticato duramente la polizia piemontese. 
Nello stesso anno partecipa ad una spedizione che si reca clandestinamente a Roma per prepararvi una insurrezione. Sbarcati a Santa Marinella i cospiratori si recano a Roma e vengono alloggiati presso varie famiglie amiche, ma fra i suoi compagni è una spia del governo pontificio e la mattina del 6 agosto Bertoni viene arrestato assieme a tutti gli altri e rinchiuso nelle carceri dell’Ospizio di San Michele. La mattina del 29 ottobre Augusto Bertoni venne trovato impiccato all’inferriata interna della sua cella con la testa incastrata sotto la lastra di pietra che forma il parapetto, e con una sciarpa di seta al collo per laccio. Si disse a lungo a Faenza che egli fosse stato strangolato dagli “sgherri del papa”, ma la realtà, per testimonianza di un altro faentino detenuto in quelle carceri, è che il Bertoni negli ultimi giorni si era mostrato desideroso di morire, sfinito dai pressanti interrogatori e timoroso di poter tradire i compagni.

(testo di Antonio Drei)

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