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Interno

SanFrancescoInterno1.JPG

Nel 1757 terminano le opere di rifinitura dell’ interno. La pianta, che ricalca le dimensioni della chiesa gotica, è a navata unica, di nobile stile composito, schema ormai divenuto canonico dopo la Controriforma, per ospitare il maggior numero possibile di fedeli.
Presenta cappelle laterali, le ultime due più dilatate, a simulare i bracci del transetto, che si articolano con il presbiterio chiuso dall’ abside.
Le linee architettoniche, nitide e un po’ secche nei profili, si risolvono nell’ordine di lesene e colonne, solennizzato da alto zoccolo d’imposta.
L’ordine, distribuito lungo le pareti, qualifica il grande vano con elegante quanto controllato ritmo lineare.
Con molta chiarezza, nell’alternarsi fra le singole lesene  dei fasci angolari e delle colonne libere, il progetto evidenzia un corretto uso degli elementi ed una progressiva accentuazione dei valori chiaroscurali, graduati successivamente dalla navata al transetto ed al presbiterio.
Si potrà forse avvertire, come ha scritto Pietro Lenzini, una certa freddezza, ma, suffragata dal ritmo delle lesene e delle cornici, è anche possibile avere la dimostrazione della buona conoscenza, da parte del progettista, del lessico architettonico settecentesco acquisito dopo consumata pratica edilizia. Si tratta, del resto di soluzioni costanti nell’architettura ecclesiastica nella Faenza settecentesca, a partire dal Sant’Antonio di Carlo Cesare Scaletta che può essere considerato il prototipo delle tante chiese ricostruite nel corso del secolo.
Al gioco delle lesene si contrappone, nel presbiterio, il motivo delle quattro colonne libere.
Il tono plastico del presbiterio si quieta nella conca absidale dove l’ordine composito distribuito nelle lesene, viene solennizzato dall’ancona centrale racchiudente la tela di San Francesco stigmatizzato.
L’ancona costituita direttamente nell’aggetto dell’ordine con la chiusura del timpano triangolare recupera tipologie di chiese romane e in particolare dell’abside della basilica dei Ss. Apostoli in Roma riedificata nel 1702. Il collegamento tra le due chiese è del resto reso possibile sicuramente per il fatto che la basilica romana è sede della Curia Generalizia dei Frati Minori Conventuali Francescani.

LE CAPPELLE E LE OPERE D’ARTE

Subito a destra la splendida cappella-santuario dell'Immacolata Concezione, descritta con scheda a parte.
Il secondo altare a destra conserva una statua del Sacro Cuore del Ballanti Graziani (sec. XIX).
All'altezza del transetto, entrambe le cappelle sono più ampie ed hanno bellissimi altari in scagliola vivacemente marmorizzata con angeli e gloria al centro.
Nell’ampia cappella del transetto a destra, dedicato a S. Bonaventura, la tela è del forlivese Giuseppe Marchetti (1721-1801) raffigurante i Santi Ludovico di Tolosa, Bernardino da Siena e Bonaventura in contemplazione della Vergine incoronata dalla Trinità con San Giuseppe, Angeli e devoti. La tela del Marchetti è incastonata in una grandiosa ancona a finti marmi e stucchi realizzata negli anni intorno al 1780 dagli stuccatori e plasticatori Ignazio e Cassiano della Quercia di Imola.
Nell’ ancona dietro l’ altare maggiore spicca una grandiosa tela con S. Francesco stigmatizzato, opera del secolo XVIII di Pietro Fancelli. L’opera sostituisce un quadro tardo cinquecentesco col medesimo soggetto del pittore marchigiano Filippo Bellini visibile nel salone delle pale d’Altare in Pinacoteca.
Lungo l’ emiciclo dell’ abside é collocato lo splendido coro ligneo in noce con 14 stalli, i cui postergali hanno intarsi formati alternativamente da figure di un santo francescano e da motivi floreali.
La cappella più ampia del transetto a sinistra contiene la tela con Sant’Antonio che resuscita un morto attribuita a Giovanni Del Buono. La composizione e il colorismo dell’opera rimandano alla pittura veneta del Cinquecento. Questa cappella, giuspatronato della famiglia Calderoni, è stata la prima portata a termine nel 1755 nella ricostruita chiesa settecentesca.
Il successivo pulpito in noce intagliato è opera dell’intagliatore faentino Domenico Bianchedi terminato nel 1787. Decorato a fogliami, ricci e mascheroni, termina con un padiglione a frange e fiocchi sostenente l’emblema francescano. Nel passaggio sotto il pulpito una statua in cartapesta di Sant’Antonio di Padova è opera realizzata nel 1755 dallo scultore bolognese Filippo Scandellari.
Nel secondo altare a sinistra tela con San Giuseppe da Copertino ed il Beato Bonaventura da Potenza opera del forlivese Giuseppe Marchetti.
La successiva cappella è quella del Crocifisso, con una statua lignea seicentesca entro una nicchia dipinta insieme alla ancona esterna da Romolo Liverani (secolo XIX).
Nella cappellina a sinistra dell’ingresso vi è una statua della Addolorata del Ballanti Graziani (secolo XIX).
Molto pregevoli per la ricchezza d’intaglio, sono i confessionali posti tra le cappelle ed il bellissimo pulpito settecentesco che riprende nel coronamento con lo stemma francescano, la foggia dei baldacchini mobili in stoffa. L’autore dei confessionali, come del pulpito, è l’intagliatore faentino Domenico Bianchedi che li eseguì fra il 1750 e il 1787.

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