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La storia del Convento

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Umiltà Negusanti nacque a Faenza nel 1226 da una nobile famiglia. In giovane età fu data in sposa ad Ugonotto dei Caccianemici, giovane patrizio faentino, dalla cui unione nacquero due figli che morirono appena nati. In seguito a queste vicende, o per seguire un’antica vocazione, entrò fra le canoniche di S.Perpetua di Faenza, dopodiché si ritirò per circa dodici anni in una cella della chiesa di S. Appolinare.
Abbandonato il ritiro, nel 1266, la santa fondò una comunità con regola benedettina vallombrosana a S.Maria Novella della Malta. Nel 1282, trasferitasi a Firenze, ne fondò un convento, sempre in questa città morì nel 1310.
La prima chiesa di S.Umiltà, risale ai primissimi anni del 1500. Qui furono accolte le figlie di S.Umiltà nel momento in cui furono costrette a lasciare il monastero della Malta.
Quando, nel 1501, il Valentino provocò l’assedio di Faenza, il monastero vide la propria fine. In seguito, con il dominio dei Borgia, si cercò di provvedere ai danni e alle distruzioni ed in pochi anni l’opera fu portata a termine.
Fin dal sorgere della prima comunità di Malta fu notevole l’opera educativa compiuta dalle monache: le fanciulle delle più nobili famiglie del faentino e dei paesi limitrofi venivano “messe in serbanza” e affidate alle cure delle monache che si occupavano della loro educazione e della loro vocazione religiosa.
Nel XVIII secolo, durante il rinnovamento edilizio di Faenza, anche la chiesa di S.Umiltà fu interessata ad un intervento di ricostruzione, ad opera dell’architetto Raffaele Campidori.
Anche con l’ascesa di Bonaparte in Italia e con l’avvento dei francesi a Faenza, la vita del monastero fu più volte turbata: furono sequestrati i beni, i libri dell’economia passarono alla municipalità e la funzione educativa registrò un calo dato che, le famiglie, non ritenevano più sicuro per le proprie figlie, il soggiorno nel monastero.
Quando nel 1798 fu deliberata la soppressione dei conventi, la municipalità faentina cacciò le monache per affittare l’edificio al popolo ma queste tornarono, due anni dopo.
Dal 1821 al 1846 la vita in monastero rifiorì: furono riacquistati i locali, la comunità si ingrandì ed anche l’educando rincominciò la sua attività.
Dopo l’unità d’Italia, nonostante gli sforzi, il monastero fu risparmiato dall’occupazione e le monache continuarono a vivere in comunità fino al 1888, anno in cui si trasferirono altrove e i locali furono ceduti al Municipio.

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