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Vestibolo del Bagno

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Nell’atto di vendita del palazzo del 1808 questo ambiente è ricordato come “Antibagno all’uso delle Terme di Tito”, in quanto il colore scuro riprendeva quello degli ambienti che all’epoca erroneamente si credevano parte delle terme di Tito a Roma, anziché della Domus Aurea di Nerone.
Tutta la decorazione è incentrata sul tema dell’acqua, a partire dall’ovale al centro della cupola, dove sono rappresentate le nozze tra Nettuno, dio del mare, ed Anfitrite.
Alle pareti sono collocate simmetricamente quattro porte dotate di specchi: quella d’ingresso, comunicante con la stanza precedente, sulla parete opposta due armadi a muro e infine la porta d’ingresso al bagno vero e proprio, in cui si trova una vasca in marmo incassata all’interno del pavimento.
Non è usuale trovare una stanza totalmente dedicata alla cura e all’igiene del corpo nelle dimore nobili di questo periodo.
Le abitudini igieniche erano molto diverse da quelle odierne: si faceva il bagno poche volte nel corso dell’anno, ed alla base vi era la credenza di essere in questo modo più protetti dalle malattie.
I progressi della scienza medica, concentratisi negli ultimi due secoli, affondano le loro radici nella cultura illuminista, che a metà Settecento iniziò a riflettere sul concetto di igiene.
Queste novità arrivarono a Faenza grazie a personaggi quali il conte faentino Achille Laderchi, che grazie ad un soggiorno a Parigi ebbe modo di venire a contatto, cogliere e trasmettere queste novità nella sua città natale alla propria cerchia di amici, di cui Francesco Milzetti faceva parte.

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