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L'apparato decorativo
Eseguita da Antonio Trentanove la decorazione del teatro faentino è l’opera più impegnativa di tutta la carriera del maestro nato a Rimini e trasferitosi, dopo aver operato in tutte le città romagnole, a Carrara nel 1801 dove morì nel 1812.
Tra i palchi e il prim’ordine sono state inserite diciannove lastre con bassorilievi rappresentanti soggetti mitologici e la storia di Roma, scelti – come scrisse nel 1786 il conte Giuseppe Maria Pasolini – quali «storici emblemi di virtù». Nel modellato di Trentanove è presente il segno cinquecentesco, che richiamo alla classicità con attenzione allo scorcio e alla profondità della prospettiva, arricchito dal movimento e dalla plasticità più leggera tipica del Settecento.
A partire dalla destra rispetto al palco centrale questi bassorilievi presentano rispettivamente vicende e storie degli Orazi e Curiazi, la fucina di Vulcano, Cincinnato, Apollo e Dafne, Curzio si getta nella voragine, Diana e Atteone, Orazio Coclite, Perseo e Andromeda, Ratto delle Sabine, Panoplia, la continenza di Scipione, Polifemo, Muzio Scevola, Ratto di Dejanira, Morte di Didone, Ratto d’Europa, Uccisione di Amulio, Apollo e le Camene, Fuga di Enea da Troia.
Statue in gesso sono state collocate tra il terz’ordine e il loggione. In totale si tratta di venti opere che rappresentano, sempre a partire dalla destra rispetto al palco centrale, Apollo, Diana, Nettuno, Euterpe, Ercole, Giunone, Cupido, Melpomene, Paride, Erato, Talia, Marte, Venere, Prometeo, Minerva, Giove, Tersicore, Mercurio, Proserpina e Orfeo. Il riconoscimento delle scene nei bassorilievi e delle statue è stato fatto da Bice Montuschi Simboli.