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Francesco Laderchi. Biografia
LADERCHI, Francesco
Nacque a Faenza il 20 ag. 1808 dal conte Pietro e dalla contessa Pazienza dei principi Porcia. Ricevuta la prima istruzione nel seminario di Faenza e nel collegio di Modena, si laureò in legge a Bologna. Animato da sentimenti liberali, partecipò alla rivoluzione del 1831 e seguì il generale G. Sercognani nella spedizione verso Roma; quando la marcia dei ribelli fu bloccata ripiegò su Ancona, dove, al momento della capitolazione della città, fu arrestato insieme con la moglie Maria Campioni e il padre.
Al termine della detenzione ottenne di poter rientrare a Faenza: qui l'assidua sorveglianza esercitata dalla polizia pontificia non gli impedì di prendere parte alla progettazione dei moti del 1843, ospitando nella sua casa di Prada molti degli incontri preparatori ma astenendosi poi da ogni coinvolgimento diretto. Era infatti iniziata quella sua convergenza sulla linea moderata per cui i mazziniani lo avrebbero giudicato "freddo e insatanassato, o di buona fede o ad arte, delle cose piemontesi" (Protocollo della Giovine Italia, IV, p. 85).
Nel marzo 1846 il L. intraprese insieme con il figlio Achille un viaggio che lo portò in Svizzera, in Belgio, in Olanda, in Inghilterra e in Francia per studiare i processi meccanici e tecnici da applicare nella gestione di un mulino a vapore installato nella sua villa di Prada. Al ritorno a Faenza nel giugno 1846, fu posto sotto vigilanza dal governatore L. Tosi per il sospetto che il viaggio di affari fosse stato in realtà una copertura per agire come informatore politico tra gli esuli repubblicani, dai quali, per la verità, era sempre più distante. Il L. accolse infatti con favore l'elezione di Pio IX e la sua politica di riforme: nel 1847 fu nominato capitano della guardia civica di Faenza e nel 1848 ebbe un ruolo di rilievo nelle vicende politiche della sua città come membro della magistratura comunale.
Fuggito Pio IX da Roma, il governo provvisorio lo nominò il 22 genn. 1849 prefetto di Ravenna: suo primo atto politico fu quello di indire le elezioni per l'Assemblea costituente; il 13 apr. 1849 il governo repubblicano lo nominò prefetto di Forlì, dove si adoperò per contrastare la violenza delle formazioni banditesche nella zona di Imola e di Faenza, animato dalla convinzione che si potesse giovare alla causa repubblicana più con l'onestà e la legalità che con la violenza e le vendette. L'8 maggio il L., a capo del battaglione civico di Forlì, andava in soccorso di Bologna attaccata dagli Austriaci e il 18 maggio 1849, quando era ormai prossimo l'arrivo degli Austriaci a Forlì, si rifugiava a Roma.
La caduta della Repubblica Romana lo costrinse a riparare il 7 luglio 1849 a Firenze dove rimase fino all'11 ottobre sotto la protezione, ottenuta per intercessione del primo ministro M. d'Azeglio, dell'ambasciatore sardo E. Pes di Villamarina. Tornò a Faenza in virtù dell'amnistia concessa dal papa nel settembre 1849, di cui usufruì grazie al contegno rigoroso tenuto come preside della Provincia di Ravenna nei confronti degli elementi più estremisti. Da allora si dedicò alla sua azienda, ma non rinunciò ad adoperarsi per la causa nazionale oltre che come capo centuria della Società nazionale italiana come organizzatore di società di mutuo soccorso con fini sociali e politici. Nel 1850, inoltre, fu nominato ispettore dell'asilo infantile di Faenza.
La sua attività di imprenditore era però destinata a fallire anche a causa delle ritorsioni politiche nei suoi confronti da parte di chi non gli perdonava l'adesione alla Repubblica Romana.
Achille Laderchi morì nella sua villa di Prada il 25 dicembre 1853.
(Dal Dizionario Biografico degli Italiani)