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Il presbiterio

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L'altare maggiore

L’altare maggiore è realizzato in marmi policromi, con una minuziosa cura nelle proporzioni e all’aspetto dignitoso senza sbilanciarsi mai in particolari pregi formali.
Sicuramente alla fine del 1745 era ancora in fase di costruzione ma il risultato deve essere stato estremamente insoddisfacente, dal momento che il P. Filippo Agelli seniore, forlivese impegnato nel finanziamento della costruzione della chiesa, prese la decisione di farlo fare nuovamente per il prezzo di ben 700 scudi, ai Toschini di Ravenna, proprietari di un laboratorio di marmisti rinomato, impiegati anche nell’altare maggiore di San Francesco di Bagnacavallo.

Il coro ligneo

Tra gli anni 1751-52 il maestro falegname Domenico Zappi di Lugo, conosciuto come “Merla”, costruirì un coro per l’ampio semicerchio della conca absidale caratterizzato da grande dignità ed eleganza.
Nell’ordine superiore, nei lati di quello centrale dalla cimasa curvilinea sormontata da un cartiglio da contorni lavorati, riportante lo stemma francescano, si distendono 14 stalli per parte, divisi fra loro da colonne dai capitelli corinzi delicatamente rastremate.
I postergali, al centro, racchiudono al centro delle specchiature a intarsio raffiguranti santi francescani alternati a riquadri con elementi floreali e arabeschi.
Tutto il cornicione è percorso da un agile motivo a intarsio, concluso da un leggero coronamento a giorno intagliato a conchiglie e portapalme. Si differenzia dall’ordine superiore, molto più semplice.
Nella chiusura del semicerchio troviamo due porte intarsiate, anch’esse dello Zappi, che portano rispettivamente al campanile e alla sacrestia.
Il Golfieri, di questi abilissimi maestri del legno, elogia l’utilizzo della tecnica della tarsia bicroma dalla tradizione bolognese (si tratta di un utilizzo di legni chiari e scuri ad arabesco) precedente a quella fiorentina di legni colorati e materie preziose.
Il coro rimase profondamente danneggiato durante gli eventi bellici che portarono alla caduta del campanile nel 1944, durante i restauri venne attentamente reintegrato delle parti perdute o danneggiate.

La pala dell'altare maggiore

Il vano absidale, reso luminoso grazie ai quattro finestroni, è dominato da una classica ancona architettonica, nella quale ritroviamo la tela con San Francesco che riceve le stimmate, opera del pittore di Bologna Pietro Fancelli 1796. Questa tela è caratterizzata da una calda luminosità e da un’atmosfera estatica e rarefatta che vede protagonista la stigmmatizzazione di San Francesco.
È sicuramente collegata alla precedente pala dell’altare maggiore, in quanto abbiamo una nota posta all’interno del Libro de’ Consigli che riporta la volontà del P. Filippo Agelli di dare un adeguato contorno al quadro del Serafico Padre posto in coro, che egli fece fare con le sue elemosine. A causa della morte del P. Agelli non abbiamo la certezza di cosa intendesse per “adeguato contorno”, che comunque venne distrutto o modificato per riporvi la tela del Fancelli, la quale venne contornata da una semplice cornicetta neoclassica in stucco.

L'organo di Antonio Colonna Dal Corno

Una menzione particolare merita l’ organo, situato sul lato sinistro, restaurato, dopo i forti danni subiti nell’ultima guerra mondiale, a cura dell’ organista Padre Albino Varotti. Dai danni avuti nel 1994 è stato solo nel 1963 che l'organo monumentale ha ripreso a far sentire la sua voce melodiosa, dopo sette anni di studi per la progettazione dettagliata dei lavori da parte dell' organista Padre Albino Varotti, due anni per il restauro dell'organo Colonna e tre per gli altri corpi d'organo.
Costituisce l’opera più significativa del bolognese Antonio Colonna Dal Corno, che lo terminò nel 1638 e consta di una struttura lignea con 4 colonne scanalate e tortili, che suddividono la mostra per le canne in tre ordini; viene utilizzato anche oggi per concerti che pongono in risalto la perfetta acustica della basilica.
La tradizione musicale è sempre stata attiva nel convento faentino di San Francesco a partire dalle origini. Risulta infatti che già alla sua fondazione verso la fine del secolo XIII ebbe particolare incremento la teoria e la pratica del coro, tanto che il nuovo tempio allora edificato sul luogo della chiesa primitiva intorno al 1270 risulta tra le prime chiese d'Italia dotate di un organo liturgico.
Tre anni - dal 1635 al 1638 - furono impiegati per la costruzione dell'organo di Antonio Colonna Dal Corno. Una settimana e dodici carri occorsero per il trasporto di esso da Bologna a Faenza. Tre mesi furono impiegati dal costruttore per l'installazione.
Il faentino Salvatore Pasi fornì la cassa esterna riccamente intagliata e con legno dorato ad oro zecchino.

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