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Palazzo Pistocchi

Corso Mazzini, 21 "1786, G. Pistocchi"

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Tradizionalmente attribuita agli anni 1787-1788, la casa dell’architetto sull’attuale corso Mazzini, di fronte al fianco del palazzo comunale, ebbe una ben più lunga gestazione.
Infatti nel 1781 il conte Nicola Milzetti acquistò, per 1674 scudi e per persona da nominare, una casa della famiglia Regoli “sulla strada Romana” e in parrocchia S.Stefano, assieme ad una serie di annessi collocati nei vicoli retrostanti. Un mese dopo, Pistocchi risulta come la persona intestataria e, come da atti notarili, versa al conte una parte della somma (100 scudi). Non è dato sapere come Pistocchi abbia provveduto a saldare il conte la ben più rilevante cifra rimanente, ma i rapporti tra il giovane architetto e la nobile famiglia, di cui evidentemente godeva stima e fiducia, trovarono poi vari modi per risolversi (L.Savelli, in Giuseppe Pistocchi: inventario e annessioni al catalogo delle opere, Faenza 1979, p.119).
Nel 1783 alcuni lavori alla facciata sono già iniziati, in quanto sia ha notizia di una controversia con un confinante, simile a quella occorsa nelle prime vicende costruttive di palazzo Milzetti, relativamente alla costruzione di uno sperone in muratura da addossare agli edifici esistenti da poco acquisiti: un rinforzo che serviva a regolarizzare e a consolidare una facciata che l’architetto si impegnava a rendere di migliore aspetto.
Tra questa data e il 1788- anno in cui, come ricorda un’anonima cronaca manoscritta alla data del 30 giugno. in casa di Giuseppe Pistocchi fu dato un ricevimento con festa da ballo in onore del cardinale legato Colonna di Stigliano, che gli aveva conferito l’onorificenza dello sperone d’oro - l’edificio fu probabilmente riattato con calma e nei tempi consentiti dagli impegnativi incarichi professionali ricevuti. Nel 1787 la casa risulta ormai ridotta al suo temine. Nella valutazione dell’opera si deve tenere conto che la facciata originaria si concludeva con il primo piano: ne è testimonianza un disegno ottocentesco del vedutista faentino Romolo Liverani, conservato nella biblioteca comunale di Faenza, che non riporta l’attuale secondo piano ma solo un’altana sulla sommità delle falde del tetto, anch’essa di datazione imprecisata.

La facciata risultava divisa in due parti: un piano terra a uso di botteghe con mezzanini di servizio, lavorato a piatto bugnato, e separato da un’alta e liscia fascia marcapiano, un primo piano abitativo caratterizzato dalla presenza di coppie di lesene ioniche che includono le finestre regolarmente intervallate, semplicemente incorniciate e sovrastate da riquadri privi di decorazione. Gli intonaci di diversa granitura e i rilievi sottili e schiacciati dei profili e delle sagome conferiscono alla facciata un effetto di superficie disegnata o appena incisa che la contraddistingue da altre coeve dell’architetto. Da notare inoltre, almeno fino ai più recenti restauri, come il motivo conduttore delle righe orizzontali, ben evidenti al piano terra, continuasse nella fascia marcapiano e al primo piano segnando le stesse lesene, includendo esattamente i capitelli ionici, i riquadri rettangolari e le stesse persiane aperte: l’antichità su un pentagramma o su un foglio di quaderno. Nonostante le alterazioni subite nel tempo, la casa Pistocchi è un originale e riuscito esercizio di qualificazione formale ottenuta attraverso una razionale e leggera semplicità non disgiunta da sapienze esecutive, quasi pittoriche, particolarmente sensibili al trattamento delle superfici. In fondo, un’anticipazione di quella decantazione formale, di quella libertà nei confronti dei modelli classici e di quell’eleganza che costituiscono il maggior contributo dato da Pistocchi alla vicenda neoclassica.

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