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La facciata di Casa Ancarani, già Guidi

Realizzata nel 1814

facciataCasaAncarani.jpg

Fin dalla metà del Settecento la famiglia Guidi possedeva un vecchio edificio ubicato in Via Bondiolo n° 533, ora n° 26. Con l’esercizio della professione di avvocati, i Guidi si erano progressivamente arricchiti e, tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, dall’asta dei beni degli Ordini Religiosi, entrarono in possesso di parecchi terreni agricoli dai quali riuscirono a ricavare rendite considerevoli.
Nel 1814 Pasquale Guidi pensò di rimaneggiare la facciata della propria abitazione adeguandola al gusto corrente ed incaricò dei lavori il Capomastro Pietro Benvenuti. Il disegno del nuovo prospetto portò la firma del Benvenuti ma si evince con chiarezza che dietro a quel progetto si celava l’Architetto faentino Pietro Tomba, allora Presidente della Deputazione d’Ornato e, quindi, impossibilitato a porre la propria firma, trovandosi in palese stato di Conflitto di Interesse.
L’aspetto della facciata, a seguito dei lavori di ristrutturazione, risultò rigorosamente informato da quel “Purismo Architettonico” tombiano che aveva avuto la primogenitura in Casa Piani – Pasi, Corso Mazzini 89.
Dalla facciata di Casa Guidi sono banditi trionfi, trofei, lesene, capitelli, metope e modanature complesse. Ogni elemento è interpretato con stesura edulcorata, quasi con semplicità.
L’immobile è disposto su tre piani, con il piano nobile, ovviamente, al centro.
A caratterizzare il prospetto di Casa Guidi è una trama di finto bugnato liscio che si estende a tutta la superficie, interrompendosi soltanto per lasciare spazio alle due fasce che demarcano i piani superiori.
Sopra al portone d’ingresso e ad ogni finestra del piano terra e del piano nobile, il bugnato si dispone a raggera, volendo in tal modo sottolineare ed ornare, con grafia appena accennata, le aperture della facciata.
Il piano terra basa su di uno zoccolo in mattoni a vista, scandito da cinque aperture con grate che danno luce all’interrato; il grande portone d’ingresso con arco a tutto sesto e cinque finestre, difese da semplicissime inferriate, scandiscono e completano il piano. Una fascia marcapiano, appena evidenziata da modestissime modanature, sottende il piano nobile dal quale si affacciano sei finestre, sopra le cui sommità sono ricavate altrettante ancone a lunetta, arricchite internamente da archi bacellati che ne assecondano l’andamento e centrate da teste plasticate in terracotta, raffiguranti precise Divinità desunte dalla mitologia classica romana. Questi artistici manufatti costituiscono l’unico saliente momento decorativo di tutto l’edificio.
Le plastiche furono opera di Giovan Battista Ballanti Graziani che aveva il laboratorio statuario proprio nella casa accanto, al n° 28. 

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