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Galleria o Sala delle Feste

Il grande salone decorato

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L'ambiente occupa la quasi totalità dell’area superiore dell’antica chiesa di San Biagio.
Nelle pareti la distribuzione di porte e finestre viene assorbita in funzione decorativa; nella parte alta delle pareti una successione di raffinati riquadri a stucco funge da elemento mediano tra le decorazioni della volta e le soluzioni delle pareti stesse.
I riquadri sono opera elegante di quel grande maestro della scultura in Romagna che fu Antonio Trentanove (1754?-1812). Conosciuto da Giani già all’epoca delle decorazioni della Galleria dei Cento Pacifici (fine 1786- inizi 1787) per la quale il riminese aveva realizzato la serie di otto statue allegoriche.
Gli stucchi della Galleria Laderchi raffigurano rispettivamente: il rapimento di Prosertina, Zeus e Ganimede, una baccante e coppiera davanti ad un erma, Selene ed Endiomione, il rapimento di Europa, Apollo e Dafne, Narciso ed Eco, Leda e Cigno, Ermes ed Erse, amori di Ercole, Diana e Callisto.
Anche se pesantemente coperti da una impropria tinteggiatura nei restauri del 1933, gli stucchi rivelano la personalità affascinante del Trentanove,  scultore non certo limitato dall’ambiente di provincia, ma attento a soluzioni e orientamenti senz’altro di vasta cultura; distratto davanti alle leggerezze tardobarocche e ai gonfi decorativismi ricchi d’incanto della scultura Ottocentesca bolognese, opta abitualmente per composizioni eleganti, armoniosamente composte scosse da fremiti di una vitalità contenuta. Negli stucchi di Palazzo Laderchi, poi, pare evidente la felice traduzione di idee gianesche attraverso un modellato sensibile e un aggetto minimo che determinano un raffinato chiaroscuro.
Lungo le pareti della sala, le porte, le finestre e i grandi riquadri della parete lunga di fronte alle finestre, sono alternati da coppie di lesene a stucco che delimitano gli spazzi di grandi festoni, in cui si sviluppano verticalmente ricchi nastri svolazzanti multicolori e composizoni di fiori e frutta. Si tratta di opere di straordinaria fattura per le quali rimane ancora il problema dell’attribuzione, anche se abitualmente si è propensi ad individuare nella direzione di Felice Giani e della bottega la responsabilità di questa sorta di felice nature morte: sia che si tratti di un intervento di Giovanni Ugolini, pittore faentino fratello di Gioacchino, fattore dei Laderchi, sia che si voglia andare nella direzione di Pietro Piani, è certo che i festoni della Galleria di Palazzo Laderchi si collocano a buon diritto in quella tradizione faentina che discende da Luigi Benini e dal Pittore degli uccelli, che gravitano attorno all’ambiente della fabbrica Ferniani, per arrivare alle nature morte di Pietro Piani, poi di Rivalta e Pantaloni.
Nella parete lunga di fronte alle finestre prospicienti il corso Garibaldi tre grandi riquadri dipinti a mo’ di arazzo sostituirono la primitiva proposta del pittore di collocare grandi quadri a olio con episodi di storia romana; successivamente i Laderchi scelsero una soluzione con grandi specchiere.
Negli ampi spazi delimitati da cornici trovano posto storie di Arianna: Arianna consolata da Amore, Bacco Arianna Amore e le Parche, Colloquio di Bacco e Arianna.
Il locale è attualmente utilizzato per l'esposizione del Museo del Risorgimento.

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