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Nel vasto spazio del finto transetto vi troviamo l’altare dedicato al Santo Bonaventura, con un’ampia tela prodotta dal forlivese Giuseppe Marchetti (1721-1801), in essa sono raffigurati i santi Bonaventura, Ludovico d’Angiò e Bernardino da Siena. Nella parte superiore, nella zona più luminosa, ritroviamo la Trinità che incorona la Madonna, San Giuseppe, Angeli e devoti.
Questa tela e il grandioso altare andavano a sostituire quello che già esisteva nella chiesa gotica che sappiamo, grazie al Catalogo delle Pitture possedute dal Sig. Marchese Filippo Hercolani, fu messo in vendita nel 1765; il Campione del convento ci descrive l’altare dicendo che era di legno dorato e, così come il quadro poi disperso, attribuito al Franceschini, si trovava all’interno della chiesa vecchia. È forse a causa di questa nota che si pensò al Franceschini come autore dell’opera.
La nuova tela del Marchetti è incastonata in una grande ancona a finti marmi e stucchi, di mano dei fratelli Ignazio e Cassiano della Quercia, noti stuccatori e plasticatori imolesi, membri dell’Accademia Clementina, furono molto operosi sia nella zona bolognese, sia nella Romagna. L’ancona fu iniziata nel 1776 ma evidentemente nel 1780 non era ancora stata portata a termine nella sua parte ornamentale e di cornici, in quanto il libro dei Consigli riporta proprio il tema del termine dell’altare di San Bonaventura come primo argomento della riunione del 2 ottobre 1780.
Sul lato sinistro dell’altare sono ancora visibili una spaccatura e un incavo che permette di vedere l’adesione delle strutture settecentesche a quelle della precedente chiesa gotica, dalla quale il frammento dell’affresco fu strappato nel sec. XV ed è attualmente conservato in sacrestia.