Contenuto principale
L’altare maggiore è ornato da marmi preziosi e da sculture e conserva le reliquie della martire Vittoria, come indica un'antica lapide paleocristiana. L'altare fu ideato da Soratini, i cui disegni del triangolo, simbolo della Trinità, sono custoditi nell'Archivio di Stato di Faenza, insieme alle istruzioni per realizzarlo. Le sculture sono opera di Girolamo Domenico Bertos, “Capomastro scalpellino di Ravenna ed abitante in Ravenna”. Nell'altare della Trinità, l’artista mostra di risentire della tradizione scultorea emiliana tardobarocca. La decorazione persegue un ideale di leggiadria e compostezza, legato al gusto classicista. Gli angeli adagiati sul timpano, con le grandi ali aperte e le gambe proiettate nello spazio, assecondano le regole di simmetria e di equilibrio. Un'inflessione veneta caratterizza le testine aggraziate degli angioletti, di un modellato morbido e luminoso; anche il mascherone al centro e le due teste di angeli agli angoli dell'altare conservano echi della scultura veneta nell'effetto plastico dei riccioli traforati e nelle ali trattate come fossero un fogliame vegetale.
La pala della “Trinità” presenta il Cristo e il Padre Eterno su nubi separate dalla palla del mondo, su cui si intravede la penisola italiana, in alto vi è la colomba dello Spirito Santo. L'opera colpisce per l'ariosa impaginazione e per il luminoso senso del colore, che da leggerezza alla soffici figure dei putti.