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Palazzo Conti Sinibaldi

Corso Mazzini 47

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Palazzo Conti venne progettato da Giuseppe Pistocchi. Il proprietario Francesco Conti, volle una facciata “severa” in stile neo rinascimentale. Dall’atrio, in cui si impone il sontuoso cancello in ferro battuto del 1902, si accede allo scaloncino realizzato sempre dal Pistocchi, da cui si sale all’appartamento neoclassico al piano nobile,  ambienti decorati da Felice Giani. Altri ambienti del primo piano si presume siano frutto del quarto decennio del’800.

La Galleria, purtroppo danneggiata dai bombardamenti dell’ultima guerra, presenta un intervento decorativo datato al 1787 che segna il passaggio di Felice Giani ad un’attività autonoma.
Tuttavia le decorazioni parietali con i finti colonnati, scalinate, vasi e festoni non si discostano molto dalla tradizione. Sono presumibilmente databili al 1801 le decorazioni delle due sale attigue. Conti, venuto in possesso dell’eredità, acquistò, dopo il 1782, un edificio attiguo.

Il palazzo Conti ha subito vari riadattamenti a opera dell’architetto Pietro Tomba, agli inizi del ‘900. I suoi interventi dovettero limitarsi a una ristrutturazione interna per mettere la collocazione di una quadreria e la facciata, forse, non ne fu investita. Le finestre, irregolari, corrispondono a quelle indicate nelle piante e le stesse soluzioni formali sono compatibili con gli altri progetti neorinascimentali eseguiti in quel periodo da Pistocchi. D’indubbia paternità pistocchiana è, invece, lo scalone: un vano caratterizzato dall’elegante colonnato di ordine composito che diaframma l’atrio dell’appartamento dal vano scala vero e proprio. L’ambiente sfrutta abilmente la luce proveniente dal cortile per rendere aeree e vibratili pareti nobilitate da raffinate e libere citazioni classiciste adeguate a una nuova sensibilità in bilico tra emulazioni dell’antico, non più mediate dal filtro del Rinascimento, ed esigenze del vivere. Se l’intervento di Pistocchi viene datato attorno al 1786, il primo lavoro di decorazione è immediatamente successivo. Era bastato poco più di un mese perché il giovane decoratore, prima indicato come “un certo signor Giani di Pavia”, riscuotesse consensi e ammirazione ed entrasse in contatto con le personalità più in vista della città: Francesco Conti e soprattutto i Laderchi.

Il secondo intervento di Giani dovrebbe quindi cadere dopo il 1795 e prima del 1802, data dalla quale l’artista comincia ad annotare con una certa regolarità gli impegni di lavoro Taccuino.
Giani completò la decorazione delle sale in facciata, ossia una saletta e due sale, l’ultima delle quali ebbe, il soffitto distrutto durante l’ultima guerra.
In ogni caso la saletta di Apollo e la sala di legislatori mostrano ormai una concezione progettuale dichiaratamente neoclassica che tiene conto sia di un complesso lavoro d’équipe degli ornatisti a correndo degli scomparti figurati più ridotti , sia degli interventi degli stuccatori Antonio Trentanove e Gian Battista Ballanti Graziani. Le vicende del palazzo registrano successivi eventi di rilievo: gli adattamenti del Tomba, gli interventi agli inizi del ‘900, ma soprattutto l’evento tragico dell’ultima guerra che ci fa lamentare la perdita di parte della volta della galleria e di un altro ambiente.

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